Storia della scheda

Home Indietro Su Avanti

 

Il 1982 volgeva al termine, io avevo 23 anni e lavoravo da appena 1 anno in quella che successivamente prese il nome di Telecom Italia oggi TIM. Era un periodo in cui ogni giorno usciva un nuovo computer: quelli denominati Home Computer avevano brand quali Commodore (Vic20, C64, ecc), Sinclair (ZX80, ZX81, Spectrum, ecc.), ATARI, Amiga, ecc. che si rendevano interessanti per il pubblico consumer per le loro capacità grafiche con i primi giochi da fare con gli amici a casa anche se erano lentissimi soprattutto nel caricamento di giochi stoccati in cassette audio successivamente  soppiantate dai CD prima e dalle odierne SD card. Essi disponevano anche di linguaggio di programmazione Basic il più delle volte residente nelle loro piccole ROM se non invece in moduli aggiuntivi innestabili su connettori proprietari. Altri ancora erano della Apple e, pur essendo disponibili, non li apprezzavo molto sia a causa del loro prezzo sostenuto e ma anche per il loro sistema operativo basato su piattaforma “chiusa” che costringeva ad acquistare specifici programmi e applicazioni solo dal loro produttore. Altri infine erano costosissimi e utilizzati solo per uso professionale. Erano basati su microprocessore Zilog Z80, equipaggiati con floppy disk drive SSSD da 8” (come il modello della  Shugart che leggeva i dischetti standard IBM 3740 da 77 tracce ciascuna con 26 settori di 128bytes per complessivi 241kbytes), disponevano di interfacce seriali standard EIA RS232C (con connettore cannon DB25 pin che rendevano possibile trasferimenti anche via Modem), interfacce parallele standard Centronics per stampanti ad aghi e per tastiere (con tasti come le prime Cherry in cui la loro parte superiore era di tipo concavo sferico) e il sistema operativo Digital Reasearch CP/M che garantiva la trasportabilità dei programmi anche se poi non era così semplice a causa del fatto che ciascun costruttore (per aumentare la capacità di memorizzazione dei dati) cercava di imporre il proprio standard di formattazione dei dischetti e obbligando quindi i poveri utenti ad effettuare continui e pesanti trasferimenti seriali tra i computer. Ancora più costosi erano poi gli hard disk introdotti sul mercato dalla IBM con la tecnologia Winchester nome che entrò nell’uso comune come sinonimo di disco rigido. Personalmente non sono mai stato interessato ai giochi e il CP/M suscitava la mia curiosità come ancora oggi immagino abbia chi si avvicina al mondo dei Raspberry: mi interessava apprendere come questa piattaforma software interagiva con l’hardware rendendo disponibile una interfaccia e comandi standard. Inoltre mi affascinava la possibilità di disporre di quante più interfacce di tipo standard non proprietario in un unico computer. E infine mi piaceva il mondo Assembler e non il più evoluto Basic. Stavo quindi guardando alla possibilità di far mio un oggetto che poteva essere semplicemente un SBC: Single Board Computer. A quei tempi non era disponibile al pubblico come lo è oggi la Rete Internet con la sua odierna velocità e disponibilità di servizi come Web, Google, ebay, newletters, email, newsgroup, facebook, youtube, ecc. Tutto veniva appreso con ansia appena uscivano in edicola riviste come “Bit” del Gruppo Editoriale Jackson od il tam-tam tra amici oppure facendo costosi abbonamenti e leggendo riviste in lingua inglese provenienti per lo più da oltreoceano. Non potevo sicuramente immaginare che qualcuno come Jim B. Ferguson aveva progettato e messo in produzione esattamente quello che io stavo bramando: la scheda SBC “BIGBOARD I”. Addirittura solo all’inizio di questa riscoperta passione per il Vintage nell’Ottobre 2007, vengo a scoprire l’esistenza di una apposita rivista “Micro Cornucopia” nata e sviluppatasi con questo SBC computer sin dal Luglio 1981. Grazie alcune ricerche effettuate sul Web nel 2007 a partire dal sito di Alfonso Martone, che ringrazio per avermi dato un primo punto di partenza, sulla rivista italiana Bit del Febbraio 1982 ho ritrovato la prima pubblicità della scheda SBC clone della Ferguson Bigboard I,  il cui nome italiano era MK-82. Avrei scoperto anche che la pubblicità della SBC battezzata in italia con il nome MK-82 altro non era che la identica copia di quella da tempo presente sulla rivista americana Byte Magazine in cui era presente con il suo nome originale:“The BigBoard I”. Grazie alla disponibilità in rete della rivista Byte Magazine di quel periodo ho avuto modo di verificare che la prima pubblicità della SBC “BigBoard I” su tale rivista apparve nel Dicembre 1980 (pagine 390-391) mentre l’ultima pubblicità risaliva al Novembre 1983 (pagina 681). Entrambe le pubblicità evidenziavano le caratteristiche principali della scheda SBC ovvero: Microprocessore Zilog Z80, Memoria RAM da 64kbyte, on board firmware (BIOS) with CP/M entry points, two standard parallel port, two standard serial ports, WD1771 single side 8” floppy disk controller, 80×24 characters video controller, and the possibility to boot CP/M disk.

[MK 82] Italian Advertisement     
(“Bit” Magazine Feb 1983) 
[“The Big Board”] USA Advertisement
“BYTE” Magazine Feb 1983

La pubblicità della disponibilità di tale scheda in Italia mi lasciò davvero senza fiato in quanto era proprio la scheda che stavo cercando e, nonostante il costo non proprio a buon mercato, della sola scheda senza ogni altro accessorio (drive, alimentatore, tastiera, monitor, ecc.) fosse la metà del mio stipendio, la ordinai immediatamente. Non avevo però abbastanza denaro per acquistare anche il sistema operativo CP/M, ma il cugino di un mio compagno di studi, che all’epoca viveva ad ALBA (CN), aveva acquistato il tutto e mi fece una copia dei dischi di sistema. Alcuni mesi dopo riuscii ad acquistare ad una asta fallimentare del materiale vario tra cui i resti di un Triump Adler TA1100C tra cui: lo chassis, in cui risiedevano una coppia di BASF 8” drive SSSD, una tastiera parallela, il suo monitor monocromatico, ed un alimentatore switching che forniva anche la tensione di alimentazione a +24Vcc per i floppy disk drive. In questo modo riuscii finalmente a comporre un sistema completo. Ebbi continuamente qualche problemino con i drive a causa del loro non perfetto allineamento e soprattutto della mia inesperienza. Da lì cominciai ad utilizzare software come Wordstar, Visicalc, Assembler, Basic, e soprattutto dBII e dBIII. L’unica foto purtroppo leggermente sfuocata che dispongo ad oggi del sistema è la seguente:

   

Il poster della foto è quello della Lancia Rally 037 – anno 1983 mentre sul piano del tavolo è riposta la rivista Microsystems Magazine Volume 5, issue 7 (July, 1984) cui ero abbonato e che a suo tempo ho gettato al macero. Ricordo che lo chassis dell’Adler presentava sulla sua sinistra di un interruttore a chiave che una volta ruotato di 1/4 di giro provvedeva alla accensione del computer. Ad alcuni tasti della tastiera apposi alcune etichette bianche per segnalare il differente significato che il BIOS di sistema della SBC riportava. Con il passare degli anni il sistema fu surclassato dal Personal Computer IBM dotato di Sistema Operativo MSDOS  e purtroppo smantellai il tutto facendolo demolire e gettando via ogni cosa che era visibile nella foto, i due disk drive 8” BASF e tutti i dischetti 8” con il software che avevo, ma NON la scheda MK-82 che riposi nella sua scatola originale e le documentazioni originali in ITALIANO che dopo qualche anno ho avuto modo di ritrovare facendo pulizia in garage. Chissà, forse pensavo che un giorno la avrei tolta di nuovo dalla sua scatola e, dopo oltre 25 anni nell’ottobre 2007, mi venne in mente proprio di riaprirla portandomi poi a ritrovare quella passione per spendere ancora tempo per ricerche e per riempire queste pagine ricostruendone la storia. La scheda che dispongo era cosi composta: Una Z80 CPU a 2,5MHz, 4 banchi di 8 x 4116 chip (a tripla alimentazione) per complessivi 64Kbytes, la sezione video di 80×24 caratteri con la sua Eprom 2716 generatore di caratteri, la Eprom 2716 di sistema con il PFM System Monitor versione 3.3, il Floppy Disk Controller WD 1771 Single Side Single Density, le due Z80 PIO di cui una impiegata per la gestione degli interrupt di sistema ed interfaccia tastiera e l’altra per gestire le due porte parallele (Centronics), mentre i soli componenti che ricordo ancora non erano mai stati presenti erano lo Z80 SIO/0 (o DART) per le porte seriali e gli integrati MC1488 e MC1489 per la conversione da/per standard TTL a standard RS232C. E finalmente ecco qui la scheda ADE MK-82 come appariva appena estratta dalla scatola in cui aveva riposato per oltre 25 anni:

e questa la prima pagina del suo manuale ORIGINALE in ITALIANO dattiloscritto a macchina e che conservo ancora con orgoglio:

 

Translate »